Il digiuno intermittente è un protocollo dietetico che sta prendendo sempre più piede.
Questo regime alimentare è strutturato in modo tale da attuare una restrizione calorica prevedendo finestre temporali in cui è possibile mangiare, alternate a periodi di digiuno.
Sostanzialmente si divide in due tipologie:
I meccanismi di azione su cui il digiuno intermittente si basa sono tre: lo stress ossidativo, i ritmi circadiani e la chetosi.
L'ipotesi dello stress ossidativo afferma che se mangiamo meno, i nostri mitocondri producono meno radicali liberi (sostanze pro infiammatorie); gli studi hanno dimostrato che dopo 8 settimane di digiuno intermittente, i pazienti obesi riportavano livelli più bassi di stress ossidativo (indice di infiammazione).
Un'altra teoria, quella del ritmo circadiano sostiene che i processi fisiologici avvengano nel momento della giornata più vantaggioso per il nostro organismo. Un esempio è quello dell'insulina, i cui livelli variano nel corso della giornata.
Gli studi hanno dimostrato che se si cena tardi, i livelli di glucosio si mantengono più elevanti più a lungo, aumentando il rischio di diabete.
I diversi regimi di digiuno intermittente hanno dimostrato risultati variabili in base alla parte della giornata in cui si digiunava: i soggetti a cui è stato permesso di mangiare a metà giornata hanno avuto una migliore perdita di peso con miglior controllo dei livelli di glucosio, lipidici e dello stato di infiammazione. Al contrario, quelli che concentravano i pasti nel tardo pomeriggio o la sera non hanno avuto alcun miglioramento, ma un peggioramento del controllo glicemico, della pressione sanguigna e dei livelli lipidici.
Tuttavia, nonostante abbia dimostrato diverse azioni benefiche, soprattutto a livello di controllo glicemico e lipidico, è un regime alimentare che necessita ancora di essere studiato in maniera approfondita.
Il rischio è di sottovalutare il ruolo di una buona educazione alimentare, infatti se il paziente trattato con digiuno intermittente non aveva delle buone abitudini alimentari prima di iniziare la dieta, una volta terminato il suo percorso, tornerà a mangiare esattamente nello stesso modo, aumentando di peso e peggiorando nuovamente le condizioni di salute.
Questo regime è particolarmente sconsigliato a soggetti con squilibri ormonali, donne in gravidanza e allattamento, diabetici o soggetti che fanno lavori pesanti. Un’attenzione particolare va posta anche a soggetti con disturbi del comportamento alimentare o che vivono il rapporto con il cibo in maniera difficile, un regime di questo tipo potrebbe essere poco educativo e portare a episodi di abbuffate nelle finestre temporali in cui è concesso mangiare.
Concludendo, il digiuno intermittente potrebbe essere un protocollo utile per migliorare parametri ematici e situazioni di rischio cardiovascolare in soggetti in condizioni di obesità o sovrappeso, tuttavia la domanda sorge spontanea: se gli stessi risultati possiamo ottenerli con un’alimentazione classica di tipo mediterraneo, ne vale davvero la pena?
Bibliografia